QUELLE PAGNOTTINE APPENA SFORNATE DA FEDERICO E GIANGUIDO…

C’è chi li definisce “panini senza personalità”. Pane fatto con lieviti molto veloci o “miglioratori” che limitano anomalie sviluppando anidride carbonica. Con utilizzo semilavorati o di paste surgelate a livello industriale e poi scaldate e quasi cotte in un ultimo passaggio nel punto vendita.

Pane si dirà. Tutto uguale per qualcuno. Ne compriamo e consumiamo sempre meno e come su molti altri prodotti, non facciamo troppo caso alla qualità. Badiamo al prezzo e poco a dove lo compriamo e a come è stato fatto. A chi lo ha fatto.

Pane uguale da Belluno a Tropea. Senza sapore e senza profumo.

Fra i trecento pani tradizionali italiani, uno in più merita di essere aggiunto. Lo Stirotto di Beppe, di Vallo e delle Valli di Lanzo, lo conoscono in pochi. E troppo poco abbiamo fatto finora per farlo conoscere.

L’ho riscoperto – ne avevo bisogno anche sul piano antropologico – nel mio giro di oggi con Edo. Passeggiata verso Varisella e ritorno. Saluti qui e là un po’ tutti, anche le caprette e le co-co (Edo, dixit) di Giovanni e Maria.

Poi ti fermi dal Panaté. Federico e Gianguido. Figli di Beppe ‘l Panaté che da qualche anno non c’è più. Rimangono il suo spirito e la sua passione.

“Torna tra poco. Il pane è in forno”, butta lì Federico. Ci sono altri in fila. Tutti aspettano. Oppure basta fare due altri passi verso la piazza e il Circol. Slow.

Poi si torna. E il pane è pronto. Altro che semilavorati e lieviti fasulli. Quelle Pagnottine (meritano la P maiuscola) ti aspettano con profumo, calore, affetto. Dieci pagnottine. Una stan in un pugno, sono calde, chiare e alcune più scure. Ti chiude la busta, Federico, e tu la riapriresti subito. Anzi. La apri subito. E ne mangi una, poi un’altra. Anche Edo vuole la sua.

La riscopri ogni giorno. Qualcuno dirà: “pane buono ne trovi…”. Vero. Devi cercarlo. Andare nel forno. A Vallo, ‘l Panaté è un piccolo negozi con antichi scaffali. Piccolo davvero. Dietro c’è il forno. Via Roma. Lo trovi facilmente. Vale la pena di fare un giro anche per le Gallette di Nonna Rina e per i grissini. La pizza fa scuola. Prezzi onesti uniti al sorriso. Fuori ci sono anche 4 sedie. Sono quelle per fermarsi a riaprire la busta in carta marrone, sfilare una Pagnottina o uno Stirotto – anche intero, non fai fatica – e gustarli. Accompagnati da una birra.

Quelle Pagnottine non sono il sapore da ricordare. Esistono, non sono finite. Non sono un ricordo dell’infanzia. Ci sono eccome. Sono un pezzo di presente e anche di futuro, da trasmettere e far vivere. Anche con il “Compra in valle..:” (cosa ve lo dico a fare!) che da Federico e Gianguido trova perfetta concreta attuazione.

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