GENERAZIONE BELLEZZA. SPETTACOLO DI PAESI, SPETTACOLO DEL PAESE

Natale e Capodanno, tempo di feste e di vacanze (scolastiche e non solo), sono sempre stati (come gli agosti accaldati) tempo di repliche sul piccolo schermo, o della solita programmazione. Tra cartoni e film storici, RAI questa volta merita un grande applauso. RAI3 sta ospitando, in prime time, una delle migliori produzioni (a mio giudizio) degli ultimi decenni. Generazione Bellezza di Emilio Casalini è il motivo della TV pubblica. È il sì al canone, alla tassa di possesso del televisore. È l’emblematico generoso e affettuoso racconto dei paesi e spettacolo del Paese. Ci si potrebbe intingere di retorica nel raccontarlo, questo programma tv, o esercitare la critica che lascio volentieri ai critici televisivi. Abbandono anche la retorica e i luoghi comuni dei luoghi. Per chi lavora da sempre sui territori, o lo farà o vuole farlo, per chi li vuole scoprire fino in fondo, questa Bellezza su RAI3 è un vettore di entusiasmo, emozioni, determinazione. Dice che la traccia è giusta, che il solco è scavato. Che tutto è connesso e che la bellezza salva il Paese. Potrebbe starci qui un’analisi di quello che in quei paesi e in quei borghi politicamente, istituzionalmente, economicamente va fatto… non i 20milioni a borgo per regione, non le politiche sterili che pompano soldi sperando sia tutto risolto, non gli investimenti calati da migliaia di chilometri di distanza. Abbandono anche questa chiave. Provo invece a riguardare quelle ore di buona TV con gli occhi nuovi nel guardare i territori che rigenerano. Generano e ricreano. Comunità, prima di tutto. Persone insieme, in uno stesso tempo, nella stessa storia, nello stesso luogo, che si sentono a casa. Cooperative di comunità, imprese di territorio, generazioni che incontrano. Muri che cadono. È l’Italia. Non è “l’Italia migliore”. È il Paese che esiste, che dice cosa siamo. Ogni paese ha la sua storia. Quella di Monticchiello non è quella di Vallo. Quella di Dossena non è quella di Fonni. Quella di Ostana non è quella di Castelbuono. E Sauris non è Sante Marie o Castel del Giudice e Capracotta. Eppure gli ingredienti sono sempre quelli, mescolati in modo diverso. Un luogo, una piazza, una base forte culturale, dei valori (carismatici) condivisi, uno snodo, uno o più attivatori, la necessità di fare impresa ed economia buona. Di ritrovarsi in un destino comune che avvicina chi è lontano. Non esclude. E poi ci sono il confronto, lo scontro, il dialogo, l’elaborazione. Li racconta sempre Giovanni Teneggi… Li fa riscoprire Antonio De Rossi nella pianificazione dei luoghi. Li agevola e tira fuori Giampiero Lupatelli programmando con emozione e partecipazione. Mescolarli “scientificamente” – quegli ingredienti – non basta. Serve una fantasia creatrice, una “fedeltà creativa” per attualizzare quanto, tra la storia e le storie, rischia di andare sotto la cenere se il foco non è sempre alimentato (o se perde interesse, se va in basso, se incontra la stanchezza). Fuoco da alimentare. Dalla forza della comunità che insieme generano futuro vivendo fino in fondo il presente.

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