GRAZIE DON.
Ci sono tre frasi che in questi giorni ricordo, riferite a don Vincenzo. Ce ne sarebbero moltissime, non solo pronunciate direttamente da lui. Non solo sue. Non solo tre. Dette da altri, riferite a lui o direttamente per lui. Le ricordo oggi perché fanno parte di quella piccola storia di Vallo che ritengo sia bene conoscere per riconoscersi nel futuro.
La prima è del 1977. L’ha pronunciata il Cardinale Michele Pellegrino. In mezzo al trambusto degli ultimi giorni in Arcivescovato, quando già aveva annunciato che avrebbe lasciato la Diocesi di Torino (non senza qualche attrito interno e con Roma), nella fase della scelta del luogo che lo avrebbe ospitato, tra chi gli proponeva monasteri vicino a Roma o altre dimore, disse ai suoi collaboratori e in particolare al Segretario Monsignor Piergiacomo Candellone: “Chiama don Chiarle che andiamo a vedere la casa parrocchiale“. Conosceva benissimo Vallo, il Padre. Non pronunciò a caso quella frase e nel libro “Miei comparrocchiani” c’è un focus specifico su quella scelta. Non voleva essere “di imbroglio” al suo successore, che sarà il Cardinale Anastasio Ballestrero. Voleva poter proseguire gli studi patristici e le conferenze, avere spazio per i 42 (!) metri di libreria. Avere una comunità. Ecco in fondo in fondo il motivo della scelta di Vallo. Di Don Vincenzo. I legami furono intensi come già peraltro lo erano prima, negli anni post conciliari e dell’attuazione della “Primavera del Concilio”, oltre che le novità della sua “Camminare Insieme”, pietra miliare della storia della Chiesa. Pellegrino si definiva comparrocchiano e concittadino. Ma anche “viceparroco”, come ripeteva amabilmente a don. È stato lui ad “aprire” allo scambio e al dialogo al termine della messa, in chiesa. Tutti solitamente escono. E invece lui scendeva, quando celebrava a Vallo la messa serale, si sedeva tra i banchi e parlava un po’ con tutti. Una tradizione che si è mantenuta. Che oggi farebbe “assembramento”, ma di fatto ha sempre “fatto famiglia”. Don ce lo ha insegnato perché così faceva il Padre. Come quelle volte che Vincenzo, dall’altare, invitando a fare la “comunione dei beni”, mensile, raccontava la vicenda di quei milanesi che erano rimasti stupiti, interdetti quando avevano scoperto cosa fosse quel tipo di condivisione. Ed erano voluti venire a vedere… Anche il Padre, Pellegrino, ne aveva colto la modernità. “Quei soldi dati dal risparmio e dalla condivisione delle famiglie sono importanti come…” e metteva sul piatto un paragone che forse teologicamente farebbe storcere il naso a molti. Lo tengo per me. Ringraziando anche per quel giorno in cui Padre Pellegrino disse ai suoi, “andiamo a vedere la casa parrocchiale di Vallo”…
Andare oltre. Don Vincenzo l’ha ripetuta innumerevoli volte. È uno dei tanti aneddoti, “frasi simbolo”, ricorrenti e ripetute come un mantra che non dimenticheremo. Tipo quella della notte di Pasqua. “Facciamo poche letture perché quel giovane, Eutico, al posto di ascoltare le letture si era addormentato ed è caduto dalla finestra dove era seduto”. Tutte le notti di Pasqua. O come quella del Vangelo regalata ai matrimomi, a tutte le coppie che sposava. Non bastava il regalo in sé. Andava presentato. E dunque: “A tutte le coppie, regalo il Vangelo. Da leggere e vivere. Non da mettere in un cassetto”. Oppure come i “concludo” a metà omelia, venti minuti circa. Con innumerevoli “concludo” e una conclusione troppo lontana da arrivare. Poi quelle frasi “classiche” ma sempre nuove ai funerali: “Nasce un rapporto nuovo con i propri cari nel Consorzio Celeste”, “Resta solo il bene e nelle omelie è giusto ricordare le cose belle fatte”. Ma anche quel “c’è sempre tempo per morire…”. Se ne potrebbero aggiungere molti molti altri, aneddoti e frasi. Anche quella del Crocifisso, regalatogli da Chiara. E quel letto del Cardinal Pellegrino rimasto con parte della libreria al Centro e nella Casa parrocchiale. Ma “andare oltre” è stata una frase ripetuta in innumerevoli omelie. Ha ispirato anche il titolo dello spettacolo del Complesso Maria Orsola, primi anni 2000. “Oltre il limite”. Don Vincenzo lo diceva con chiarezza: “Occorre andare oltre le nostre mancanze, le nostre debolezze, i nostri limiti umani, le difficoltà, i problemi”. Andare oltre. Senza se e senza ma. Non è una frase chissà quanto “religiosa”, ma è peraltro molto evangelica. Oltre. Ci credeva don.
Ha fatto diventare grande la parrocchia di Vallo. Non è una frase di don Vincenzo. È una frase di Monsignor Giovanni Pignata che per molti anni ha coordinato formazione e rete dei Diaconi permanenti della Diocesi di Torino. Con Don Vincenzo. E così, nella messa del 25° di parrocchia, l’8 dicembre 1992 (al Centro parrocchiale perché la chiesa era in ristrutturazione), ebbe a dire nell’Omelia: “Mi sono ricordato questa mattina quando 25 anni fa sono venuto a Vallo per preparare con la popolazione quella che doveva essere l’entrata ufficiale, anche se lui era già qui da tempo. Allora francamente pensavo: ‘Don Vincenzo – rifletteva don Pignata – rimarrà soltanto qualche anno in questa piccola parrocchia ed è bene che sia così – era infatti uno dei più giovani parroci che allora diventavano tali – ma poi certamente sarà trasferito in una parrocchia più grande, perché il Signore gli ha dato delle capacità per fare un bene più grande di quello che si può fare a una piccola parrocchia“. Don Pignata proseguiva, l’8 dicembre 1992, ore 10,40, ambone del palco del Centro Maria Orsola: “E difatti queste capacità le ha dimostrate, ma in modo diverso da quello che io pensavo allora. Invece di essere trasferito in una parrocchia più grande, ha fatto diventare grande la parrocchia di Vallo”. Ma grande in che senso? Guardate: Ha fatto diventare grande la parrocchia di Vallo anzitutto materialmente! Chi viene ed è stato qui 25 anni fa, certamente è colpito da tutte queste costruzioni, da tutte queste trasformazioni anche materiali. Pensate come è cambiata la vostra chiesa e come sta cambiando, pensate alla costruzione di questo Centro pastorale e alla ristrutturazione della casa parrocchiale”. Ancora: “Quello che è notevole è che Vallo è diventato direi un ‘porto di mare’. Quanta gente ha imparato in questi 25 anni a conoscere Vallo, quanta gente è venuta qui non solo dai paesi vicini, non solo dal Piemonte, ma da tutta Italia, da tutto il mondo. Francamente non avremo mai pensato a un fatto di questo genere. E voi avete aperto le vostre case, voi avete aperto il vostro cuore, voi avete imparato a vivere non chiusi in una piccola parrocchia, ,a a respirare un’aria diversa, un’aria nuova, un’aria ecumenica, un’aria che vi porta tutto il mondo in questa parrocchia”. “E allora si spiega perché don Vincenzo è rimasto con voi. Aveva delle capacità per reggere una parrocchia più grande, ma vallo è diventata talmente grande che forse c’è più lavoro qui che non in una parrocchia di 20mila abitanti a Torino. Ma questo mi pare ancora poco. Credo che voi dobbiate ringraziare il Signore soprattutto di quello che qualitativamente è cambiato della vostra comunità. Ringraziare soprattutto per questo Ideale di comunione che proprio 25 anni fa, all’inizio della sua azione di parroco don Vincenzo ha maturato nel suo spirito, che ha cambiato il volto di questa parrocchia. Non tutti certo possono sempre inserirsi perfettamente in quella che è l’azione di un sacerdote e nel suo ideale. Ma quelli che sono qui hanno imparato questa grande lezione. Ed ecco che la vostra è diventata una comunità aperta”. Potremmo andare oltre perché l’omelia è ricchissima di spunti, visioni, indicazioni. Mi fermo. Con la conclusione di Monsignor Pignata: “Don Vincenzo è quo non per essere ringraziato ma per unirsi a voi per dire grazie al Signore che ha voluto servirsi di lui. Noi siamo molto contenti di unirci a lui in questo momento per dire il nostro grazie ma anche – come lui stesso ci ha suggerito – di fare il proposito di rispondere a queste grazie, di perseverare – mi diceva – in questa risposta da dare a quest’ondata di misericordia e insieme chiedere anche perdono perché quelche momento di debolezza, qualche nube c’è stata anche nella vostra comunità (…) E allora, dopo aver ringraziato il Signore con tutto lo slancio della nostra fede, diciamo anche grazie a Maria per tutto l’aiuto che ha voluto dare a voi e al nostro caro don Vincenzo”.
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