IL FUTURO DELL’ITALIA PASSA DALLE SUE AREE INTERNE

Il futuro dell’Italia passa dalle sue aree interne. Purché le politiche pubbliche sappiano dare risposte a quello spazio grande di innovazione e possibilità che sono i piccoli Comuni e andare incontro ai tanti innovatori che li abitano.

È quanto emerge dal dossier presentato a Roma da Legambiente e Uncem in occasione del convegno “Da piccoli Comuni a smart land” organizzato con Anci, Unpli e Fondazione Symbola e con il patrocinio dei Ministeri dell’Ambiente della Tutela del territorio e del mare, delle Politiche agricole alimentari e forestali, per i Beni e le attività culturali e il sostegno di Poste italiane e Open Fiber, nell’ambito della Festa dei piccoli Comuni Voler Bene all’Italia 2019 che si celebra il 2 giugno. Voler Bene all’Italia nasce nel 2004 per valorizzare le piccole municipalità che promuovono il buon governo dei territori e la capacità di innovare e competere.

Celebrare queste realtà vuol dire celebrare l’Italia intera, tanto più nella stessa domenica della Festa della Repubblica italiana di cui i piccoli Comuni sono la spina dorsale e la radice identitaria. Mettere questi territori, che spesso garantiscono la manutenzione di territori montani e ne prevengono il dissesto idrogeologico, in grado di competere con le loro enormi potenzialità, in maniera diffusa, è la vera occasione per fare ripartire il Paese.

Il dossier Legambiente-Uncem, elaborato da Caire, suddivide i piccoli Comuni in funzione dei loro caratteri identitari e della qualità del loro patrimonio storico culturale, analizzandoli secondo una serie di indicatori tematici che cercano di delineare i trend di cambiamento (saldo della popolazione, degli stranieri, digital divide, istruzione), degli attori in campo (presenza di giovani, aziende, volontari e istituzioni culturali) e della presenza di patrimonio locale (beni culturali, servizi ecosistemici, prodotti tipici e presenza di cammini). Il quadro restituito è variegato e disomogeneo. Per un verso, una realtà vivace, articolata e in movimento, che si misura con forti processi di cambiamento e con tendenze globali in larga misura inedite. Per l’altro, con divari ancora molto ampi rispetto al resto del Paese.

La densità del patrimonio culturale, l’intensità dei servizi ecosistemici, i prodotti tipici e i cammini riflettono le potenzialità dei territori e le positive e interessanti ricadute delle politiche pubbliche di valorizzazione. Il 92% dei prodotti del territorio ha il suo domicilio in piccoli Comuni, mentre i servizi ecosistemici (che secondo stime attendibili valgono 93 miliardi di euro l’anno, quasi il 5% del PIL) presentano nei piccoli Comuni densità più alte: 3.500 euro l’ettaro contro una media di 3.000. La politica dei Cammini è di quelle che cercano di fare sintesi e di restituire il valore globale del patrimonio, maggiore della somma delle sue parti: quasi due terzi dei Comuni interessati da questa politica sono piccoli Comuni: 944 dei 1.434 incontrati dai Cammini.

L’approccio integrato, che la ricerca applica su scala comunale, evidenzia tra gli esiti più significativi come il segmento più interessante dei piccoli Comuni italiani, in funzione dei loro ruoli territoriali e dei loro caratteri identitari, presenti condizioni di attrattività marcatamente superiori a quelli della media del Paese. Negli ultimi quattro anni questi piccoli Comuni hanno attratto in media 1,7 persone per ogni mille residenti, quando la media italiana era di 1,2. L’Italia dei piccoli Comuni può mostrare, dunque, anche condizioni di reale attrattività, rivolgendosi con successo alle scelte insediative della popolazione italiana come delle correnti migratorie della popolazione straniera, a patto che siano presenti condizioni di tenuta identitaria forte e che i fattori di sviluppo socio economico tengano.

Un’attrattività confermata anche dai dati sulla densità imprenditoriale, che nei piccoli Comuni è di 10,4 imprese per 100 residenti contro una media del Paese di 8,5. E un interessante segnale di vitalità proveniente dal segmento delle piccole città storiche è anche la concentrazione dei giovani in ingresso nel mercato del lavoro: 17,3% rispetto a una media nazionale di 16,9.

Sul fronte delle politiche di sistema, invece, si registrano ancora notevoli ritardi. Nel 70% della superficie nazionale, i redditi della popolazione sono più bassi del 13,1% rispetto ai centri più grandi; e in 2.600 piccoli Comuni, il gap del reddito medio pro capite è circa del 35%. Evidenti, inoltre, alcune carenze strutturali dei servizi. In particolare, la penalizzazione dei piccoli Comuni nella diffusione della Banda ultralarga si presenta in proporzioni davvero gravi al 2018: con il 17,4% delle utenze servite contro una media nazionale del 66,9. Sul fronte dei livelli di istruzione, nei piccoli Comuni si contano appena 7,1 laureati per 100 abitanti contro una media nazionale del 10,8 peraltro assolutamente insoddisfacente rispetto ai livelli dei paesi Ocse.

“I piccoli Comuni sanno porsi sulla frontiera dell’innovazione – afferma Stefano Ciafani, presidente di Legambiente – ma hanno ancora bisogno di politiche di sistema che permettano loro di proiettare nel futuro l’alta qualità della vita di cui sono custodi, potenziando la presenza di servizi e di offerta formativa, le opportunità di lavoro e investimento, gli strumenti di valorizzazione e di manutenzione del territorio”.

Sono tante le storie di innovazione sociale e tecnologica, di integrazione e di turismo sostenibile, di economia circolare, rigenerazione edilizia e nuova imprenditoria verde che s’incontrano nei piccoli Comuni. Come Fluminimaggiore in provincia di Carbonia Iglesias (Sardegna), tremila anime e molte case sfitte, dove è partito un progetto di welfare diffuso per gli over 65, attraverso la creazione di una cooperativa di comunità capace anche di produrre e distribuire rinnovabili. O San Lorenzo Bellizzi, in provincia di Cosenza (Calabria), poco più di 660 abitanti, la cui amministrazione ha investito nel fotovoltaico e quasi i due terzi degli edifici pubblici ospitano oggi impianti solari fotovoltaici e il Comune ridistribuisce gli introiti del Conto Energia alla cittadinanza attraverso l’esenzione della TASI; inoltre con la vendita dell’energia prodotta sono stati già azzerati i tributi comunali destinati alla ristrutturazione degli immobili del centro storico. Chiusano d’Asti è il comune capofila del progetto Agape, di cui fanno parte anche Castellero, Cortandone, Monale e Settime, ha sviluppato un progetto di accoglienza diffusa dei migranti, oltre che alla “prevenzione” della violenza di genere e alla promozione dell’inclusione degli alunni con disabilità. Uggiano La Chiesa, in provincia di Lecce, vanta invece un progetto di riqualificazione edilizia della scuola dell’infanzia Don Tonino Bello che ha portato a ridurre i consumi di energia con il conseguente abbattimento del 90% delle emissioni di CO2 in atmosfera e l’eliminazione completa del gas radon, attraverso interventi di miglioramento dell’efficienza dell’impianto di riscaldamento, di raffrescamento, di produzione di acqua calda sanitaria, di illuminazione, anche con l’utilizzo delle fonti rinnovabili. Il Distretto turistico della Costa d’Amalfi mette insieme 14 Comuni e 55 imprese convinte di doversi unire per rendere più sostenibile il modello economico di quel territorio tra i più belli e fragili d’Italia e si stanno impegnando a creare una rete per la mobilità elettrica, installare dispenser ricaricabili, favorire gli acquisti verdi e sviluppare un’attenzione costante all’ambiente e all’accessibilità e fruibilità delle spiagge. Sul fronte delle start up, Apepak produce imballi alimentari ottenuti da teli di cotone biologico a filiera etica imbevuti di cera d’api, ponendo soluzione a tre grandi questioni: l’inquinamento da plastica, la tutela delle api mellifere in via d’estinzione ed infine l’etica di inclusione sociale nel mondo del lavoro.  Una filiera di economia circolare pensata e realizzata ad Altivole in provincia di Treviso (Veneto). Lombricoltura Clandestina, invece, a Sezzadio in provincia di Alessandria, si occupa di allevamento di lombrichi per la produzione di humus e la realizzazione di impianti per il compostaggio: si basa sulla trasformazione di scarti vegetali in humus ad opera dei lombrichi e permette il riciclo di rifiuti organici e la produzione di fertilizzante naturale da utilizzare in agricoltura e orticoltura.

L’Italia dei borghi – che rappresenta il 69,7% delle municipalità italiane (5552 Comuni al 2018) e governa oltre il 50% dell’intero territorio nazionale – offre, insomma, numerose esperienze di innovazione che disegnano i contorni di un possibile cambio di passo verso un futuro di benessere e sostenibilità, capace di disegnare un argine allo storico abbandono, invecchiamento e spopolamento dei piccoli centri. Considerando che in questi luoghi si conta al 2030 un anziano ogni tre persone e tre anziani per ogni bambino ma anche una casa vuota ogni due occupate: solo il 15% di quelle disponibili ospiterebbero 300mila abitanti, e le opere di adeguamento edilizie potrebbero valere 2 miliardi di euro nella rigenerazione e decine di migliaia di nuovi addetti. Inoltre, utilizzando un quarto delle superfici coltivate abbandonate negli ultimi 20 anni, avremmo 125 mila nuove aziende agricole di 12 ha ciascuna, assecondando un già marcato ritorno all’agricoltura di eccellenza italiana.

Nessun commento

Il form commenti è chiuso al momento.