LA SPINTA DEL PNRR. GUARDANDO DENTRO L’ITALIA DI DOMANI

Di seguito, l’articolo pubblicato dalla Rivista “Tra il Dire e il Fare”, dell’Archivio Piacentini, numero 21, giugno 2021

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Era il 28 luglio 2020 e a Canosio avevamo appena concluso, con gli amici Roberto Colombero, Giovanni Teneggi, Antonio De Rossi, la presentazione del libro RiAbitare l’Italia. A cena nella locanda occitana più affascinante della valle, toccava dialogare di futuro con i commensali al tavolo (senza mascherine e troppi coprifuoco, allora) e contemporaneamente partecipare – benedetta connessione – dall’iphone alla prima seduta della CIAE dedicata al Next Generation UE. Roma-Canosio, Chigi-Lou Pitavin, 642 chilometri, 8ore e 40minuti. Distanze fisiche e molto altro, di diverso. In Sala Verde, tutti i Ministri, il Presidente (oggi ex) del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte. PNRR si parte. Il via solenne alla costruzione del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza. La CIAE era una sigla ovviamente conosciuta a quel tavolo di Ministri e Sottosegretari. È la Conferenza interministeriale degli Affari europei. Elabora documenti ed esamina proposte in arrivo dall’Europa, con Ministeri, Regioni, Enti territoriali. PNRR era allora per tutti una sigla molto meno nota. L’abbiamo imparata a conoscere con il tempo. Anche NGEU, QFP le abbiamo padroneggiate pian piano. Ad agosto 2020, un mese dopo,  ad esempio, quando sera dopo sera, non passava giorno senza una cara seduta di CTV. Per alcuni, anche con i devices sul lettino della spiaggia. Il Comitato tecnico di valutazione, organo appunto tecnico-operativo della CIAE. È stato costruito lì, con la guida del Ministro Vincenzo Amendola, oggi Sottosegretario, il grosso del PNRR. Conte bis, poi Draghi, una lunga traiettoria di progetti, indiscrezioni sui giornali, accuse di “svuotacassetti” (dai media ai Ministeri), perfezionamenti dei testi, confronto istituzionale, bilaterali. Due Governi, diversi Ministri, Capi di Gabinetto e Capi Dipartimento diversi, ma un lavoro intenso con una continuità amministrativa riconosciuta nella Costituzione e attuata.

Va ricordato, questo percorso. Che si è chiuso il 30 aprile 2021 con l’invio del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza a Bruxelles. Come va ricordato che per Uncem il lavoro svolto in questa costruzione di PNRR ha radici non certo solo nei mesi estivi del 2020. Le nostre proposte al Piano le abbiamo costruite in diversi mesi e anni di lavoro, fino a lanciarle nel clamoroso, per alcuni, dossier Uncem dal titolo emblematico “Non è un elenco della spesa”, varato il 15 marzo 2021. Trecento pagine, esame dei testi di dicembre 2020, indicazioni, suggestioni, progetti esemplificativi delle zone montane italiane. Ma tornando indietro nelle date, invece: 24 e 25 luglio 2020, Stati generali della Montagna a Roccaraso. 31 gennaio 2020, Stati generali della Montagna al Ministero degli Affari regionali e delle Autonomie, iniziati un anno prima. 27 e 29 gennaio 2020, alla Camera Dei Deputati dibattito e voto sulle mozioni sulla montagna – a vent’anni dagli ultimi dibattiti d’Aula sul tema. E poi la “Piattaforma Uncem per la Montagna”, di febbraio 2020, diffusa ai 3850 Comuni montani italiani, insieme anche con il “Manifesto di Assisi”, per un’economia a misura d’uomo contro la crisi climatica, che Symbola aveva varato poco prima del duro lockdown. Crisi climatica più crisi economica più crisi pandemica. Le conseguenze per i territori, le possibili risposte, qualche buon modello da seguire, le indicazioni di chi ha fatto e la buona volontà di chi vuol fare. Tutto questo insieme, nei documenti di Uncem, CAIRE, Fondazione Montagne Italia, RiAbitare l’Italia, Symbola, Legambiente… e una bella rete compatta.

Nulla si improvvisa e tantomeno le politiche per i territori si possono inventare (da soli).

E “cose per i territori” – ora è il caso di dirlo – nel PNRR ci sono eccome.

Nella costruzione di un piano come questo, alla vigilia ci sono sempre mille proposte sul tavolo. Ci sono strategie e scelte da prendere, soluzioni da trovare. Il giorno dopo ci sono sempre benaltristi e critici. Pochi pensano che tutto vada bene. Sarebbe sbagliato. È chiaro che in politica non si sostiene l’ok a tutto e per tutto. Il PNRR ha cento cose che andavano scritte meglio, fatte diversamente, con cifre più efficaci. Eppure i critici sono già tantissimi, più di quelli che pensano e ripetono senza aver letto il Piano che “questo sarà l’ultimo treno”. Meglio studiare e approfondire. Come Uncem ci proviamo. Anche provando a evidenziare quelle cose buone che il Piano permette agli Enti locali di fare nelle sei “missioni” e oltre centoventi componenti, più tutti gli investimenti. Non a caso, il dossier Uncem che presenta quel che c’è nel PNRR spedito a Bruxelles per il giudizio e la validazione della Commissione EU, si chiama “Non facciamo la somma”. A chi ci dice che fa il verso – o meglio, è in continuità – con “Non è un elenco della spesa”, possiamo anche dare ragione. Perché come non ci interessava elencare maldestramente e inutilmente centinaia di candidabili progetti – come alcuni, anche alcune Regioni hanno fatto!, tra dimenticanze, illusioni per chi c’era, illusioni per chi non c’era, arrabbiature tra chi c’era e chi non c’era – non ci è interessato dal 1° maggio in poi andare a contare le cifre previste per montagne, enti locali, aree interne, ambiente… Non interessa adesso a Uncem avere la cifra di 20, 30, 40… miliardi per i Comuni. Lasciamo ad altri questi calcoli e le bandierine. Il punto vero è capire che il ruolo per gli Enti territoriali c’è, dove questo stia, e come debba essere strategicamente approfondito. Deve essere compreso dai Sindaci e dagli Amministratori con un’azione formativa che sgombri il campo da facili attese e poco o tanto generose aspettative. Formare e informare è la mission Uncem per il PNRR.

I Comuni nel Piano ci sono e avranno quasi certamente procedure ad evidenza pubblica per accedere alle risorse. Saranno bandi pubblici statali e poco di più si sa, mentre la governance è ancora da definire e il chi fa che cosa è da chiarire nei mesi di confronto di Chigi e MEF con Bruxelles.

Entrando nel concreto nella proposta di Piano, Uncem ha estrapolato qualche pillola di PNRR. Che rilancia e potenzia – come chiesto da Uncem – la Strategia per le Aree interne e Montane (Missione 5) con 830 milioni di euro, volti in particolare ai “servizi sanitari di prossimità” e al “potenziamento dei servizi e delle infrastrutture sociali di comunità. Si sommano, queste risorse, a 300 milioni di euro, ancora da destinare, previsti per la SNAI dalla legge di bilancio 2020. Tutta la Strategia andrà ripensata e immaginare le “aree interne” senza le “montagne” è un esercizio che non si provi a fare. La SNAI va ripensata con uno sguardo integrato che superi steccati ed errori del passato. Ma guai a buttarla via. Riprenderla e ridargli slancio è prioritario per il Paese. Perché è una Strategia da leggere in continuità con l’Agenda Rural francese e con il Plan de Recuperation spagnolo. Ma anche in continuità con la Strategia delle Green Communities italiana. Che nel PNRR  c’è e, va detto, che l’aveva costruita Uncem sin dal 2011. Poi messa nell’articolo 72 della legge 221/2015 sulla Green Economy, “Collegato ambientale” alla legge di bilancio 2016. La Strategia nazionale delle Green Communities è per il Paese, per lo sviluppo sostenibile della montagna. Il PNRR prevede 140 milioni di euro per 30 aree, nella Missione 2. Dovranno candidarsi e dovranno avere precise caratteristiche, orografiche e di visione. Senza “intercapedini” a rallentarne la costruzione, la Strategia dovrà essere snella togliendo di mezzo ogni affronto burocratico centralista che invece ha fatto danni sulle 72 aree pilota SNAI.

Anche l’agricoltura c’è. Il PNRR contiene misure per l’agrisolare, l’agri-fotovoltaico, le filiere, mentre poco c’è per il settore forestale. 800 milioni vanno per lo “sviluppo logistica per i settori agroalimentare, pesca, acquacoltura, silvicoltura”. Altre risorse per le foreste arriveranno dal PSRN, il Programma di Sviluppo rurale nazionale.

Nella Missione 4 – scuola e formazione – due riforme sono importanti per i territori: quella degli ITS, che dovranno sempre più essere strettamente collegati anche con le esigenze delle zone rurali e montane. E la “riorganizzazione del sistema scolastico” per la quale il PNRR fa riferimento proprio alla montagna. Perché sui “numeri minimi”, di classi e di istituti scolastici, occorre agire. Già troppo tempo è passato senza chiarezza, lasciando il cerino in mano ai Sindaci. Attenzione alla fascia 0-6, non senza nuovi asili nido, fondamentali per i piccoli Comuni. Ancora, c’è il Piano di messa in sicurezza e riqualificazione dell’edilizia scolastica è dotato di 3,9 miliardi di euro, all’interno della Missione 4

Per l’“Attrattività dei borghi” e il “Piano nazionale borghi”, il PNRR prevede 1,02 miliardi di euro. Riqualificazione degli spazi aperti, servizi culturali, nuovi itinerari, sostegni ad attività culturali, ricreative, commerciali. 600 milioni vanno invece alla “tutela e valorizzazione dell’architettura e del paesaggio rurale”. Una cosa è certa, per Uncem. No a borghi solo destinazione turistica, si a borghi vitali e vivi, abbiamo detto ai Ministri competenti per materia. Non facciamo cattedrali, ma supportiamo la forza delle comunità.

Aggiungiamo al quadro di lettura, 6 miliardi della Missione 2, nell’Investimento 2.2 della Componente 4, su “Interventi per la resilienza, la valorizzazione del territorio e l’efficienza energetica dei Comuni”. Molte risorse che non possono essere spese solo “per campanile”, ma ogni campanile insieme in una logica di territorio, come sancisce l’articolo 13 della legge 158/2017 sui piccoli Comuni.

Sui trasporti, c’è molto idrogeno in questo Piano. Per farlo verde e blu, non si deve partire dal metano. Si parte dall’acqua. E l’acqua con la corrente elettrica è “montagna”, è della montagna. Alpi e Appennini hanno molto da dire su questo idrogeno per energia e trasporti. Anche per i treni. Regionali, ad esempio. Non solo alta velocità. Per i regionali, vi sono 940 milioni di euro della Missione 3 per il “Potenziamento delle linee”. 1,58 miliardi vanno alle “connessioni diagonali”, sull’Appennino, attese da decine d’anni. Sono preziose per unire i due mari – proprio come la corsa di primavera che sta tra Sanremo e Giro d’Italia – e mettere al centro – al centro – l’Appennino. Per strade e ferrovie è quasi certo che ANAS ed RFI saranno beneficiari di risorse per le quali imposteranno un “contratto di programma” straordinario con i territori. Vale anche per Enel ed E-Distribuzione probabilmente, che vede sul piatto – non solo per lei, s’intenda – molte risorse per le “smart grid” e la resilienza delle reti elettriche di fronte alle emergenze climatiche e ambientali. Abbiamo aperto decine di tavoli, negli ultimi anni, con i Prefetti su questo fronte. E ora le risorse arrivano per passare però da una logica tradizionale di “smart cities” o “smart valley”, alle vere “smart communities”. Nelle quali le reti intelligenti sono anche le “comunità energetiche”, esse stesse previste e finanziate dal PNRR.

Una cosa è certa, in tema di reti. I territori non stanno nella transizione digitale. Mentre già stanno nella transizione ecologica – con foreste e acqua, in primis – vogliono stare nella transizione digitale. Che vede montagne e paesi molto indietro. Con le misure del PNRR per la digitalizzazione della PA, si punta su cloud, cybersecurity dei dati e servizi alla cittadinanza, “diritti di cittadinanza”, altresì. Con 6,3 miliardi di euro invece, si potenziano le “reti ultraveloci (banda larga e 5G)” come Uncem aveva chiesto. Si raggiungono così tutte le scuole, ma anche le “case sparse” che il Piano banda ultralarga non aveva compreso nelle “aree bianche”. Di certo non si possono fare gli errori del Piano BUL, con lavori eterni, ritardi, poche connessioni e duplicazioni di rete tra fibra di stato ed FWA delle imprese private. Wireless che comunque nell’ultimo anno e mezzo ha salvato centinaia di migliaia di smartworker, oltre a studenti e a chi sceglie un film o un gioco in piattaforma. E ora, con la neutralità tecnologica, siamo certi occorrano velocità nella posa delle reti ed efficienza.

Due parole chiave – velocità ed efficienza – per tutto il PNRR.

Nella Missione 2 del PNRR vi sono 2,49miliardi di euro per la “gestione del rischio alluvione e per la riduzione del rischio idrogeologico. Inutile dire quanto ci servono, non senza “semplificare” – nel caso qualcuno non lo avesse ancora detto – e modificare “rendis”, legge Galasso, strumenti autorizzativi per i lavori. 1,78 sono i miliardi di euro a disposizione per gli investimenti delle

aree del terremoto, previsti non dal PNRR, ma dalla “Programmazione complementare” al PNRR, 30 miliardi in una legge dello Stato, che si aggiunge ai 210 miliardi di euro di PNRR. Dentro ci sono anche 30 milioni di euro per le strade delle aree interne. Una novità.

Ancora, per concludere. Nella Missione 6, 2 miliardi di euro vanno alle “case della comunità” e 4 miliardi alle “case come primo luogo di cura, assistenza domiciliare e telemedicina”. Per una sanità territoriale, occorrerà però investire sui medici e sui pediatri di base, per evitare buchi nella rete.

 

Tutti questi sono pezzetti di PNRR che Uncem ha provato a “smontare” dal documento italiano e a rimontare in una lettura territoriale. È un esercizio che va perfezionato e guidato alla luce di quelle che saranno scelte e modalità attuative. Come si fanno queste cose? Chi le fa? Quale il ruolo dei Comuni beneficiari delle risorse? Quali i tempi? E ancora, come questi investimenti stanno insieme alle “riforme”, che Bruxelles ha chiesto ai Paesi per poter “dare” le risorse. Se ti riformi, dice la Commissione, avrai i miliardi per gli investimenti. Da luglio 2021, probabilmente, con data ultima di uso e rendicontazione al 2026. Di certo, gli Enti locali, per attuare alcune di queste opportunità – o anche solo progettare una o più opera (dagli asili al dissesto, ma anche una Green Community) hanno bisogno di personale. Non solo i grandi Comuni. Non si ripeta l’errore del bando per le 2800 assunzioni al sud che ad aprile 2021 ha escluso gli Enti con meno di tremila abitanti e li ha poi ricompresi nei “sistemi locali del lavoro”. Si tengano presente Unioni di Comuni, Unioni montane, Comunità montane. Pur con difficoltà, i piccoli Comuni da trent’anni in queste organizzazioni hanno imparato a lavorare insieme. Sono cresciuti superando la frammentazione e qualche debolezza. Non si riparta da zero e non si passi oltre. Uncem stima in 10mila donne e uomini la necessità di personale nei piccoli Comuni. La riforma della Pubblica Amministrazione del Piano prevede assunzioni negli Enti. Ma occorre si facciano nel modo giusto, a partire appunto dalle forme aggregative dei Comuni, determinanti nei territori montani. E mentre secondo Uncem non basta la riforma della giustizia scritta nella prima parte di PNRR per modernizzare il Paese, sfuma la possibilità di una riscrittura complessiva del “267” il Testo unico degli Enti locali. Che dopo la legge 56/2014, la “Delrio” che ha pseudo-cancellato le Province, ha bisogno di un non leggero tagliando anche sulle Unioni, sul ruolo degli Amministratori, sull’importanza degli Enti piccoli e grandi che lavorino insieme. Da cima a fondovalle e viceversa. Se alcune modifiche del TUEL arriveranno, saranno complesse da ottenere e comunque formate dopo forti compromessi tra le forze politiche (tante) di maggioranza e di opposizione. Un lavoro hard. E per quanto necessario, è giudicato quasi impossibile un nuovo “267” da avere nel giro di due anni come richiesto da Bruxelles per le riforme parallele agli investimenti del PNRR. Dovremo accontentarci di piccole cose? Forse si. Ma che il Paese decida come ridurre e accorpare le Regioni, cosa fare delle Province, quali forme aggregative per i Comuni, quali funzioni per i piccoli Comuni, quale capacità impositiva fiscale, cosa fa un Sindaco, come lavora e quali sono le responsabilità di un Amministratore, non è più rinviabile. Il “Cantiere istituzionale” deve riaprire. È fermo da due decenni. E siamo indietro, tra gli Stati europei che hanno già deciso istituzioni e governance, policies e politics, livelli e decentramento, funzioni e imposte, ben prima di noi. Nuove istituzioni per nuovi investimenti e nuovi cittadini non sarà trinomio rimandabile a lungo.

 

Di certo, al netto di questa probabile lacuna organizzativ-istituzionale, il Piano di Ripresa e Resilienza dà molti strumenti e opportunità. Da cogliere. Sia chiaro a tutti. Non c’è una sola voce per la “montagna”. In tutte le Missioni e in tutte le Componenti e in tutti gli investimenti – come descritto qualche riga più su – vi sono risorse destinate ai territori e ai Comuni. Questo lo avevamo chiesto al Governo e lo aveva ribadito il Parlamento nella sua Relazione di marzo dopo centinaia di Audizioni in Commissione. Gli Enti dovranno avere le idee chiare rispetto al percorso che stanno facendo e che vogliono intraprendere. Il PNRR non dice quale sia questo cammino. Dà strumenti, fondi, missioni, ma non risolve i destini individuali dei territori. Cambia ancora, rispetto al passato, il paradigma assistenzialista e si ribadisce che senza strategia (delle green communities, delle montagne, delle aree interne: da leggere insieme e congiunte!) si fa ben poco. Anche Bruxelles lo chiede da tempo, a Enti locali forti, che si preparano oltre che al Piano di Ripresa e Resilienza alla nuova Programmazione comunitaria. Che con la CIAE abbiamo già avviato. Proprio come quella sera per il PNRR dall’alto di Canosio in testa alla Valle Maira, laboratorio di un nuovo modello di sviluppo alpino.

Emblema anche delle sperequazioni da colmare, quella valle alpina. Al centro dei flussi turistici da tutt’Europa, eppur fragile e senza più abitanti, con Comuni polvere. Sempre meno e più fragili. Uncem ha sempre evidenziato come le vere sperequazioni da colmare con il Next Generation EU, in Italia (e così in altri Paesi europei) siano quattro e non tre. Alla “questione meridionale”, alla “questione generazionale”, alla “questione femminile”, che indubbiamente condividiamo, si unisce una “questione territoriale”. E cioè, al sud, come al centro e al nord, come nelle isole, occorre definire percorsi, riforme e investimenti, strategie per colmare i divari tra aree urbane e montane, tra centri e periferie, tra città e paesi. Divari che aumentano e che creano ulteriori disuguaglianze, oltre a spopolamento, fragilità, desertificazione economica e sociale. La transizione ecologica e digitale permettono di invertire questi processi, nella logica dell’ecologia integrata. E il “patto” necessario tra città e montagne è fondamentale. Servono guide illuminate e scelte, illustratori di futuro, costruttori di comunità, creatori di nuovi tessuti economici e sociali. Politica vera.

Le aree montane in Italia sono vive, sono vissute, sono comunità che – come scrive l’articolo 44 della nostra Costituzione – hanno necessità di specifici provvedimenti. Dal PNRR in poi.

Il PNRR ci dà (ci dia) la spinta per affrontare la “questione territoriale”.

 

_Marco Bussone

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