LE ESPRESSIONI BELLE

Romina, in mezzo al suo Borgo Pace (il nome non ha bisogno di precisazioni ontologiche), ha un eloquio veloce. Racconta tutto quello che sta facendo. Una dietro l’altra. Sembra semplice. È come snocciolare verità. Qui invece sono progetti. E dunque, pur sempre verità. Romina Pierantoni, Sindaca e molto altro,  sa che lì si anticipano i tempi e che quella sua valle marchigiana non ha più tempo. Racconta veloce perché il tempo potrebbe passare troppo in fretta. Ora che qualche risorse è arrivata e altre arriveranno, vanno spese bene. Con i tempi giusti.  Sa ad esempio che i giovani di Happennino, in tre, hanno capito come plasmare una valle intera – del Metauro e poi non solo –  permeandola prima di tutto di Cultura. E puntare su di loro, da Sant’Angelo di Vado in su o in giù, è una straordinaria occasione che non ricapita. Romina è una delle colonne di questo territorio, che riconosce in Michele, che di cognome fa Maiani, alla guida dell’Uncem delle Marche, dalla sua Monte Cerignone, un maestro. Che dal rapporto con Umberto Eco e con molti altri Comunisti e Democristiani in queste terre dei Papi, ha avuto stimoli per lavorare intensamente un generazioni di Amministratori.

Sant’Angelo in Vado e Borgo Pace non sono lontani dalle aree del cratere, nelle quali la ricostruzione ha subito una forte accelerazione negli ultimi de anni. I Sindaci qui  – grazie a un Commissario come Giovanni Legnini che ha ben chiara la linea politica e sa cosa è l’operatività instancabile del pensare e fare, del fare e pensare – non si illudono che tutto tornerà come era prima. È come il covid: non torna indietro, il tempo. Ti cambia e devi correre. I Sindaci – che resistono contro Soprintendenze e altre burocrazie lente lente – sanno bene che non basta tirare su qualche pietra o qualche pezzo di legno, per quanto a chilometro zero. E così Adolfo Marinangeli da Amandola è uno di quelli che, con una bella esperienza alle spalle, guarda un po’ più in là… Perché c’è chi ci è già passato in questa storia che ricorre un po’ troppo sovente… Fontecchio, un po’ più a Sud verso L’Aquila, è emblematica per la forza di Sabrina Ciancone nell’aver voluto un borgo che non solo fosse vivo, ma  anche, di più ancora, comunità. E lo sta raccontando, con tanti amici, ai cittadini. Lo fa ogni giorno, anche arrabbiandosi per chi non la ascolta o non ci crede (più). Dal bar, dalla casa di riposo, dal municipio, i luoghi dove ci si riconosce, diventano punti di ricostruzione. Fontecchio dodici anni fa. Arquata e tutti gli Altri, cinque. È di nuovo lì e chissà quando toccherà ancora ad altri. La crisi del sisma si è sommata alle altre tre crisi, come non smettono di ricordare Fabio Renzi ed Ermete Realacci: climatica, economica, pandemica. Se le leggi insieme, le quattro crisi, capisci come si riparte. Se le leggi distinte, le perdi tutte e quattro. E e se leggi insieme quel “Manifesto di Assisi” lo rendi vivo anche negli spazi bianchi, nelle pause.

Agnese Benedetti a Vallo di Nera lo sa bene. L’Umbria dei borghi. Il suo, di borgo, è un gioiello conosciuto nel mondo. Pezzo vivace della Val Nerina. Urbani Tartufi è appena oltre. Norcia, dietro. Dentro Vallo ci vivono ancora in pochi. Eppure c’è chi torna, chi è rimasto. Trattori e versanti coltivati, a grano e a erba.  Qui la retorica dei gerani, i luoghi comuni del bello non reggono. Perché la forza di Vallo di Nera non è nelle sue case perfette in pietra tra torri, ponti e mura. È nella capacità di essere lì a costruire un bozzetto di nuova società che appartiene a quel borgo. E che incrocia i “nuovi” con modalità nuove. Come un po’ avviene anche Sante Marie, Abruzzo. È stata in grado di montare roba buona, nuova. Pezzo dopo pezzo, tra mille sforzi e resistenze. Il “Cammino dei briganti” fortemente voluto dal Sindaco Lorenzo Berardinetti non è artefatto turistico. È la storia dei luoghi. Da attraversare a piedi. Vengono da tutto il mondo. Fanno la foto in partenza e all’arrivo. Nel mezzo, il capitale naturale e sociale da attraversare è la forza del Paese e del paese. Mentre tutti parlano di cammini e piccoli borghi – con Francesco Benedetti, alla guida di Uncem, lo sappiamo bene e lo ripetiamo – ne scriviamo guide e ne facciamo promo, qui cammini e piccoli Comuni li hanno già fatti. Mettici anche i murales, di chi passa, lascia un segno.

Va’ e ritorna. Racconta quel che vede. E aiuta a guardarsi da fuori. In fondo ce lo chiede anche un po’ quell’Alta Irpinia dove Ciriaco De Mita, instancabile Presidente e molto altro, è ancora lì a confrontarsi – anche con molti spigoli – con i Sindaci Colleghi. Li unisce un disegno da fare sul patrimonio forestale di domani e sul patrimonio zootecnico. La Strategia nazionale Aree interne non ha partorito il topolino. Ha portato “Azai” e “Afai”, gemelli, sulla via di una rigenerazione territoriale che vede Michele Di Maio, dalla sua Calitri, guidare un processo molto molto complesso. Una barca – in legno – in mezzo alla foresta, direbbero ad altre latitudini.

Latitudini dove la sfida di usare bene i fondi europei vede tutti impegnati: Unioni montane, Bacini imbriferi, Gruppi di Azione locale, Enti Parco. Ennio Vigne ha un patto forte con Alberto Peterle e Matteo Aguanno. Da Belluno, verso l’Agordino e il Cadore si colpisce secco sui fondi europei della nuova programmazione facendo formazione e strategia. Non è molto diverso dall’Alta Irpinia o dall’Appennino Reggiano. Le forme delle risposte alle crisi sono molto spesso simili in queste articolate dorsali alpine e appenniniche. Quelle del Latte, ad esempio, hanno visto Giampiero Lupatelli ed Enrico Bini mettere in rete i caseifici più alti. Il Parmigiano ha una lunga stagionatura. Ma quello di Montagna il latte lo paga meglio. E le imprese agricole dei territori sanno che possono stare meglio in quel percorso che oggi vede il Sindaco e Presidente Giovanni Battista Pasini impegnato con una attenta Regione e le forze di Barbara Lori nelle essere più green e più smart. Green come le Comunità che la 221 del 2015 ci invita a costruire, oggi con 140 milioni di euro del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza. Green Communities appunto, sulle quali lavorare.

Emilia-Romagna e Lombardia aprono percorsi. Lo sappiamo. Massimo Sertori e Barbara Lori sono assessori di partiti opposti, colori diversi (oggi insieme al Governo) ma con bandi per i centri storici, piuttosto che per incentivare i reinsediamenti hanno aperto vie che potremo valutare attentamente nel giro di qualche anno. Lo ha detto con chiarezza anche Maria Stella Gelmini, Ministro invitato a Edolo nella fiorente e dinamica Val Camonica. Si fa Strategia, prima ancora di una legge. Si corre insieme e non sa soli, come predica (non nel deserto) Roberto Colombero con Lido Riba, da anni dal Piemonte che deve percorrere con urgenza una strada per rafforzare in primo luogo il suo tessuto istituzionale. Mica è facile quando è fremmentato. Mica è facile, ancor di meno, se proprio non esiste, quel tessuto di Enti. Come in Calabria dove tutto va riscritto. Lo dovrà fare una nuova Giunta. E in campagna elettorale questo sarà il tema: costruire un tessuto istituzionale degno di questo nome per la montagna calabrese. Vincenzo Mazzei lo riafferma ogni istante, con i compagni di viaggio di Civita, Platì, San Giovanni in Fiore… ditelo a loro, provate, che la “montagna non esiste” in Calabria. Ditelo a Candido Paglione anche, che “il Molise non esiste”. Quello che lotta per gli ospedali, contro una privatizzazione pericolosa dei servizi sanitari, contro ogni riduzione. Candido e compagni hanno alzato l’asticella. Se gli interlocutori non rispondono, rilanciano. Senza timidezza. Quella stessa timidezza che non manca a Daniela Falconi, a Diego Loi, a Salvatore Lai, a GianBattista Ledda. La Sardegna dei roghi degli ultimi giorni – insieme a Sicilia e Calabria – non è terra di nessuno. Tutti sanno che il fuoco si combatte quando è spento ripartendo da nuove forme di società e componendo l’articolato mondo autonomista impegnandolo a guardare al futuro aprendosi. La Sardegna dei movimenti autonomisti e della gloriosa storia oggi impegna il Paese in un nuovo elaborato per i suoi Comuni e per le Autonomie. Non può rimanere tutto com’era. Perché finirebbe per non esserci più. La Sardegna scompare, se non riemerge nella coesione tre costa e interno, tra capoluoghi e paesi.

Ripensare come si sale nella solidarietà e nella sussidiarietà è come una salita sullo Zoncolan. Che è sempre dura. Lo insegna anche Massimo Mentil, che mette Paluzza al centro di una dinamica di valle dimostrando che solo i Comuni insieme, le Unioni unite, la comunità insieme, fanno la differenza. I processi di rigenerazione non sono mai stati così “impegnati”. Quello che sa Romina narrandolo veloce, lo raccontano, via via in mezzo all’Italia, tutti gli altri. Cambiano le sfumature. Il disegno è quello di un Paese che non si è perso. E ha nei territori le espressioni belle.

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