MONTAGNA IN RETE. NON NEL PICCOLO MONDO ANTICO

[da LA MONTAGNA IN RETE, dossier Uncem-Caire-Fondazione Montagne Italia. Da scaricare qui: https://uncem.it/wp-content/uploads/2020/08/LA-MONTAGNA-IN-RETE_DEFok.pdf ]

 

 

Quando Uncem è nata, nel 1952, i divari erano quelli delle strade mancanti. “Gli hanno fatto la via per andare via”, per dirla con chi ricorda le fasi più complesse e drammatiche delle montagne italiane, dei “lassù gli ultimi” e dell’abbandono. I divari hanno solcato le valli fino a renderle margine, tagliandole fuori. Non si facevano le strade perché erano troppo pochi lassù, non si portava la corrente elettrica, il metano. Le sperequazioni territoriali, in molte aree alpine, appenniniche, delle isole, non sono mai state vinte. Le logiche dei numeri ridotti hanno visto solo negli ultimi anni lo Stato provare a intervenire per colmare i gap di impegno delle imprese private. Oggi è imprescindibile e il covid-19 ha mostrato l’importanza di livelli istituzionali, a partire da quello centrale, che investono e incentivano, obbligano imprese “di Stato” a intervenire. Ne abbiamo parlato anche agli Stati generali della Montagna, convocati a Roccaraso il 24 e 25 luglio 2020. Vale per scuole, trasporti, sanità, welfare. E vale ancor più per le infrastrutture. Strade, ferrovie, oltre a quelle digitali. Sulla Montagna oggetto di nuovi flussi – economici, sociali, politici – potremo riflettere a lungo e Uncem troverà modo di farlo. In queste duecento pagine ci concentriamo su un fronte di lavoro che ci ha visti porre sui tavoli una serie di istanze dei territori che non erano state opportunamente colte. E cioè come le reti e l’essere nodo della rete, condiziona lo sviluppo locale, l’accessibilità dei territori, la crescita del capitale umano e la valorizzazione del capitale naturale. Come possiamo essere green e smart. Quelle che erano strade ed energia elettrica negli anni Cinquanta e Sessanta, oggi sono le dorsali (e gli anelli) di fibra ottica, nonché i ripetitori di segnale. Sui quali muovere dati e idee. Non è scontato che i primi veicolino i secondi, ma di fatto è l’obiettivo.

Quando Uncem due anni fa ha denunciato la gravità del divario digitale, lo ha fatto ponendo in primo luogo un problema di consapevolezza. Mentre era e rimane marcata l’esigenza di avere buone connessioni per la trasmissione dati ad alta velocità in tutto il Paese (per navigare su internet, guardare un film, giocare on line, scambiare progetti e lavorare a distanza), non era e non é compreso che la mancanza di segnali per la telefonia mobile e l’assenza di adeguati segnali televisivi rientra in quella dimensione un po’ oscura che quando la racconti nei palazzi romani fa più sorridere che altro. Vai a spiegare che in migliaia di comuni italiani è impossibile mandare messaggi e telefonare, oppure che centinaia di paesi hanno difficoltà a vedere i canali del bouquet televisivo e che non fosse stato per le Comunità e le Unioni montane, proprietarie dei ripetitori, tutto sarebbe ancor più grave. Rai e tante tv private lo sanno, lo hanno capito (il servizio pubblico con un po’ di ritardo) e qualche passo in avanti lo abbiamo (recentemente) fatto.

La comprensione che le reti veicolino opportunità di sviluppo – a partire da dati, app, sistemi informativi – per i territori, esiste. È noto e vale anche per le aree urbane. Quello che manca è capire che senza un'”Agenda digitale per le aree montane” vengono a mancare molte opportunità e, per quanto ci riguarda, mancano in primo luogo una strategia e una programmazione che rendano migliore la PA nel dare servizi ai cittadini alle imprese. La digitalizzazione della PA è il vettore dell’associazionismo dei Comuni, è il collante naturale tra Enti territoriali, è strumento di condivisione e managerialità. Lo abbiamo scritto nel Protocollo tra Uncem e il Ministero per la Digitalizzazione, firmato dal Ministro Pisano, che inquadra proprio come tenere insieme investimenti sulle reti e riorganizzazione dei servizi, digitali. Lo abbiamo ribadito quanto siamo riusciti a convincere le Telco a investire in ripetitori, anche portando Governo e Parlamento a inserire, nella legge di bilancio, 1,5 milioni di euro per nuovi tralicci. Non bastano e con i fondi europei (probabilmente anche sul Recovery Fund e sulla nuova Programmazione 2021-2027) occorre far altro. Ci abbiamo lavorato con Anfov, Asstel Confindustria, con Eolo, Tim, Poste, Vodafone, Wind Tre, chiedendo loro, alle imprese – non con il cappello in mano, ma con un’azione istituzionale non banale – di pensare, di investire e di portare “segnali” sui territori. Così, in questa cornice (anche normativa, con le buone evoluzioni del DL Semplificazioni) vogliamo lavorare con Mise, Infratel e Open Fiber per accelerare il Piano nazionale per la banda ultralarga colmando due anni di ritardi gravissimi, ripensando il Piano stesso, ma vedendo uno Stato protagonista nel colmare disuguaglianze e sperequazioni. Nella “Montagna in rete” crediamo, anche con 5G (o 6G…), oltre alla BUL, che ci evitano di restare nel “piccolo mondo antico”. Questa è la nostra grande vera Sfida per il presente che è già futuro.

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