TERRE ALTE NELLA RIGENERAZIONE URBANA

Lunedi 12 giugno 2023 alle ore 17 al Circolo dei Lettori di Torino viene presentato il libro “Rigenerazione Urbana. Un glossario”, edito a fine 2022 da Donzelli Editore e curato da Giampiero Lupatelli e Antonio De Rossi. 

Sul testo, la mia parola è “Terre Alte”. Eccola:

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TERRE ALTE

di Marco Bussone (UNCEM)

 

La Montagna Italiana è tornata da qualche anno sotto le luci della ribalta, nelle attenzione delle Accademie (La nuova Centralità della Montagna del Convegno di Camaldoli del Novembre 2019), dei decisori pubblici (Gli Stati Generali della Montagna del 31 gennaio 2020, anticipata dalla sessione tematica della Camera dei Deputati, conclusa con l’approvazione alla unanimità degli ordini del giorno), della stessa opinione pubblica, dei media.

La consapevolezza che le “Terre Alte” sono una risorsa di cui il Paese non può fare a meno appartiene ormai al novero delle cose acquisite. L’elaborazione di un sistema di politiche che trasformi questa consapevolezza in azioni efficaci non lo è ancora.

Leggi e provvedimenti importanti  si sono succedute negli ultimi anni, dalla Legge sui Piccoli Comuni al Collegato Ambientale che ha lanciato i Pagamenti per i Servizi Eco-Sistemici ed Ambientali e le Green Community; dalla Strategia Nazionale per le Aree Interne alla Strategia Forestale.

Anche le Regioni hanno lanciato i loro messaggi, cercando di intercettare le nuove attenzione ambientali di giovani popolazioni metropolitane con politiche a sostegno dell’insediamento montano.

Lo hanno fatto con dotazioni finanziarie ancora modeste che la manovra straordinaria del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza potrebbe contribuire a sostenere e rimpinguare. Nel PNRR c’è meno di quello che sarebbe stato auspicabile per le montagne italiane. Le risposte alle crisi climatica, pandemica, economica che i territori montani italiani possono dare, non trovano compiutezza in missioni, componenti, riforme del PNRR.

Quando la Costituente individuò il termine “montano” per l’articolo 44 della Costituzione, lo fece in maniera oculata, con un dibattito che arginò altre definizioni di quel pezzo di Italia “destinataria di specifici provvedimenti” legislativi differenziati. Sono montani e non altro. Una questione sostanziale e non solo semantica che negli ultimi anni ha trovato anche fraintendimenti politico-istituzionale, qualche mistificazione e non sempre l’adeguata attenzione operativa nei provvedimenti legislativi e nelle decisioni dei diversi livelli Istituzionali. Di certo oggi non possono essere due fondi nazionali “per la montagna” e “per i Comuni montani”, con complessivi 15 milioni di euro annui a risolvere istanze di comunità, Enti, territori. Anche le Regioni hanno bisogno di dotarsi di normative efficaci che garantiscano opportuni investimenti e scenari politici di riferimento.

Quel che più resta ancora da fare è costruire una governance adeguata a rappresentare le aspirazioni e la progettualità delle Terre Alte e delle loro comunità e a metterle in una relazione positiva, di mutualità, condivisione e complementarietà con le strategie urbane. Lo hanno fatto Francia e Germania recentemente, ad esempio, definendo quanto i Paesi siano federalisti, componendo aggregazioni territoriali sulla base di legami storici, sociali, economici, che hanno poi effetti (positivi) sulla capacità organizzativa e istituzionale di quelle aree, dei Comuni al loro interno e tra loro, delle comunità che definiscono strategie con un pensiero al 2030 o al 2050.

La ripresa di interesse per il territorio, le popolazioni e le economie della montagna si è invece manifestata in Italia in perfetta controtendenza con l’insensata azione di demolizione della impalcatura istituzionale che ne avrebbe dovuto sorreggere e sostenere quello sforzo di avvicinare le politiche di coesione ai cittadini che l’Unione Europea ha voluto esprimere felicemente nel suo quinto obiettivo di policy che vuole “Una Europa più vicina ai cittadini” per la programmazione di bilancio 2021-2027. Condizione necessaria perché l’Europa intera – e con essa i suoi Stati membri, l’Italia per prima – possa essere “più intelligente, più verde, più connessa e più sociale”.

Le sperequazioni da colmare con il Next Generation EU, in Italia (e così in altri Paesi europei) sono quattro e non tre. Alla “questione meridionale”, alla “questione generazionale”, alla “questione femminile”, che indubbiamente condividiamo, si unisce una “questione territoriale”. E cioè, al sud, come al centro e al nord, come nelle isole, occorre definire percorsi, riforme e investimenti, strategie per colmare i divari tra aree urbane e montane, tra centri e periferie, tra città e paesi. Divari che aumentano e che creano ulteriori disuguaglianze, oltre a spopolamento, fragilità, desertificazione economica e sociale. La transizione ecologica e digitale permettono di invertire questi processi, nella logica dell’ecologia integrata. E il “patto” necessario tra città e montagne è fondamentale. Servono guide illuminate e scelte, illustratori di futuro, costruttori di comunità, creatori di nuovi tessuti economici e sociali. Politica vera.

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