QUALE PREZZO PER LA MONTAGNA. LA MONTAGNA A QUALE PREZZO

Nei giorni scorsi è ritornato sui giornali e sui social il tema complesso del pagamento di tariffe per l’accesso a diversi servizi (e spazi) nelle aree montane. È uno di quei temi – come la fiscalità differenziata – che se non lo delinei efficacemente e se non lo argomenti, diventa solo mezzo di scontro, di incomprensioni, di tifo da stadio. È un fortissimo rischio, da non correre, specialmente in questi tempi nei quali la montagna, i borghi, i flussi turistici verso i territori dei quali ci occupiamo, sono al centro di particolari attenzioni dell’opinione pubblica. Come fruiamo delle aree montane? Quale turismo e quali nuovi turisti? Cosa fanno e cosa investono sui territori i flussi in arrivo? Sarebbe importante che questa uscita dalle fase tra più critiche mai vissute dalla sanità italiana e da questa complessa crisi economica che ci vede remare in mezzo a un mare di demagogia e retorica, vedesse addetti ai lavori ed “esperti di sviluppo locale” evitare ogni considerazione capace di sfocare in polemica. Già… un bel desiderata. Evitare che una considerazione a mezzo stampa, si trasformi in devisivo elemento di scontro, bensì possa essere elemento di discussione istituzionale, politico, economico. Mica facile. Quando quattro anni fa, giorno di Pasquetta (!) avevo provato a dire che le aree attrezzate a pic-nic nelle valli alpine non possono essere gratis, si era scatenato il finimondo. “No alla montagna a pagamento”, “ci tassate pure l’aria”, “no alla tassa sui prati” e via così. Considerazioni legittime, se il tema di un prezzo, di uno ticket, di un costo per la fruizione di diversi servizi non è argomentato in un un ragionamento più ampio e in un dialogo tra operatori.

Ho detto più di una volta che ogni territorio può costruire politiche di sviluppo che passano dall’organizzazione e dalle regole chiare per tutti. Pensare, pianificare, individuare regole.  Così, ricordo benissimo, da sempre, le esperienze valdostane che in Comuni anche piccoli e non tra le mete più note, hanno visto individuare tariffe per il parcheggio a pagamento nelle aree abitate e anche tariffe al giorno, per tavolo, per le aree attrezzate a pic-nic, con panche e tavoli. Sei euro a tavolo, al giorno. Parcheggi a un euro l’ora… Il tutto da reinvestire per lo “sviluppo locale” e dentro la nuova organizzazione dei servizi pubblici, nuovi servizi ai turisti, spazi più curati e manutenuti. Mica semplice. Servono appunto organizzazione e pianificazione. Non basta individuare una tariffa, introitarla e aumentare le casse comunali. Serve chi la prelevi, quella piccola quota su ogni tavolo, serve una “gestione” del servizio. Serve una finalizzazione e serve un piano pluriennale, chiaro. Roba che va pensata e strutturata.

Ogni territorio montano (e non) ha precise caratteristiche e può fare delle scelte. Ricordo altresì bene, come l’esperienza valdostana, quella del Pian della Mussa, nelle Valli di Lanzo, quando 15 anni fa era stata individuata una tariffa per il parcheggio giornaliero di auto e caravan. Fatto salvo, chi spendeva qualche decina di euro per mangiare in uno dei quattro locali del Piano. Se spendi sul territorio, non paghi il parcheggio. Altrimenti, tre euro (tariffa molto pop) ad auto, cinque a camper, al giorno. Non era stato pacifico. Con il tempo si è stabilizzata quella soluzione e si è capito che qui proventi venivano reinvestiti sui territori, da Comuni in difficoltà nel gestire flussi importanti di avventori della domenica, da soggetti non certo speculativi, non certo pronti a lucrare sui turisti, anzi! Reinvestiti da Enti locali, dal Comune, disponibile ad accogliere proposte e segnalazioni dei turisti, ma anche a dire che il Piano della Mussa è spazio di alto pregio, come un parcheggio in via Nazionale o in piazza Vittorio Veneto. Quello spazio di tutti ha un costo di organizzazione e gestione. Al quale tutti possono contribuire.

Due diverse esperienze, quella di Champorcher e quella del Piano in cima alla Val d’Ala, Comune di Balme. E poi ancora, anche la “Monesi-Limone”, strada stupenda in quota, ha una tariffa di accesso. Nessuno si è mai scandalizzato. Poi Pian del Re, altre aree cuneesi, tante zone alpine di pregio, qualche passo alpino, qualche strada in quota. Attenzione: non è un prezzo della montagna. Non si dà spazio, né ora né mai, a chi ritiene che pagando si possa fare qualsiasi cosa. Si apre lo spazio a un ragionamento per provare a impostare un nuovo rapporto tra montane e aree urbane, con un modello di fruizione che non scada nel ritenere i territori solo un parco giochi dove fare, senza alcun costo, quello che voglio. La montagna non è un parco giochi e non è un luogo della wilderness, del divertimento e della natura che va dove vuole. È luogo delle comunità e delle imprese, dei Comuni e di tanti Amministratori e Sindaci volontari. Che possono, vogliono individuare qualche nuovo modello di gestione e fruizione dei territori.

È delicatissimo, il tema. Va pensato – se si vuole, ovviamente – e studiato un sistema di “piccole tariffe” per avere accesso a porzioni di territorio, per un parcheggio ovvero per una bella area attrezzata. Difficilissimo. I social si dividono su questo, troppo e comunque. Ma di certo studiare un sistema di regolazione dei flussi è necessario. A oggi non abbiamo, nei territori montani del Piemonte, nelle valli alpine e appenniniche, un’offerta organizzata. Manco sappiamo quante auto salgono nelle valli ogni sabato e ogni domenica… e pensare che basterebbero due sensori all’ingresso della valle. Per capire chi va su e chi scende. Anche l’osservatorio su flussi e spesa è da rivedere. L’altra sera non sono riuscito a trovare, per un collega giornalista, il valore del turismo nelle aree montane piemontesi e italiane. Siamo carenti, inoltre, su famiglie e terza età. Quando anni fa con Uncem avevamo inventato i cataloghi “A scuola di montagna” (bambini e ragazzi, studenti) e “Montagna per tutti” (terza età e famiglie) volevamo appunto darci un’organizzazione migliore. Far incontrare domanda e offerta evitando che i centri estivi torinesi scegliessero solo le piscine e i centri per anziani solo Rimini e Gatteo Mare. Restano sul tavolo quelle opportunità. Lo sa bene il Consigliere comunale di Torino Francesco Tresso che ne ha anche fatto una interrogazione relativa ai rapporti tra Torino e le sue valli. Si riuscirà a riprendere il percorso di “Torino città delle Alpi”? Difficile dirlo. Lo auspichiamo, come Uncem, con fiducia e determinazione.

Ma ora, di fronte a territori che si interrogano sull’introdurre o meno delle tariffe per parcheggi, strade, aree verdi attrezzate, ripetiamo che tutto va fatto senza demagogia e retorica, sulla base di esperienze già in essere, grazie a un confronto che superi i confini amministrativi e veda insieme nell’analisi più Comuni riuniti. Va fatto pensando e pianificando, individuando le soluzioni confrontandosi, enti pubblici e imprese del territorio.

La Montagna non ha prezzo. Non c’è un prezzo per la montagna. Ma contribuire con un acquisto nei negozi del borgo (“Compra in valle, il tuo paese vivrà”, 10 euro per tutti i turisti, per ciascun fruitore, per tutti gli escursionisti, ogni giorno, a ogni gita!), oppure con una “striscia blu” pagata pochi euro per una giornata, con pochi euro per un servizio di spazio allestito e manutenuto, non è certo un abuso di chi sta lassù e che – come al mare o in città – può delimitare (i Comuni o le Unioni montane di Comuni, ovvero le Comunità montane) alcuni spazi e renderli a pagamento, con tariffe smart e con una fruizione sensata e regolata. Non tutto è gratis. E qualche pezzo di montagna può vedere l’attivazione di un ticket modesto e accessibile, grazie a un confronto tra territori – Sindaci, imprese, operatori – che ripensano se stessi e come essere più forti, competitivi.

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