ERNEST MIO PRE E DOPO-SCUOLA

“Da qui controllo tutta la piazza”. Ernesto me lo ripeteva spesso. Lo diceva sempre. Come facesse, in tanti anni non l’ho mai capito. Perché l’edicola della piazza della Stazione di Lanzo era tutta tappezzata di riviste e altri prodotti editoriali. Lui non solo li conosceva tutti, ma sapeva perfettamente l’angolo di visuale della piazza che ogni spazio tra un giornale appeso e l’altro permetteva sulla  città. Gli spazi vetrati non coperti erano pochissimi. Ma lui da lì, tra le pareti in legno un po’ umido, di inizio Novecento, controllava tutto.

Continuerà a farlo. Ma in modo diverso, da più in alto. Dove i giornali e le riviste ci sono eccome, ma si leggono con altri occhi. Ernesto Castino – che se n’è andato oggi a 63 anni – è stato il mio dopo-scuola. O meglio, prima e, chissà, più importante della scuola. Perché se devo dire cosa sia stato più importante tra il liceo a Lanzo e l’edicola di Ernest sulla piazza di Lanzo, ho forti dubbi sulla scelta. Perché la piazza era Ernesto, Lanzo è stato in primo luogo Ernesto.

Nella sua edicola – che oggi non c’è più – ho passato almeno lo stesso tempo di quello in classe in cinque anni, dal 2000 al 2004. Iniziavo nel 2002 a scrivere sul Risveglio e lui di copie ne vendeva tante, ma tante tante. Stampa ancor di più. Un flusso continuo. Come era continuo il via vai di gente. La porticina per entrare era riservata a pochi, più stretti amici. Dentro non sapevi quando uscivi. Dietro il tavolo, nelle ore più morte, c’era lui. Tante le mattine passate al “Mauriziano”, angolo sinistro entrando, con un desk che era sollievo e sorriso. Nelle ore buone, quando non saliva in ospedale, al mattino era sempre in piedi in edicola “Quanto mi dai”, “dammi i soldi”… lo ripeteva spesso. Voce alta, tono efficace. Ma sempre con lo spirito di squadra. La squadra per lui erano Lanzo e le Valli, Balme, ma anche la Lanzese. Squadra erano i suoi fedelissimi clienti, dei quali sapeva tutto.

Non voglio tracciare un ricordo del carattere o dello spirito di iniziativa, dell’impegno imprenditoriale condiviso con la moglie Maurizia, come con il suocero Franco Caorsi, morto il 22 gennaio di quest’anno. Il mio è piuttosto un grazie carico di ricordi di tanti pomeriggi, dalle 13 in poi, o di ore “tagliate” da scuola al mattino, passate con lui. Lì è cresciuto il rapporto con tanti amici, lì si compravano Bicisport e si sfogliava il Risveglio appena arrivato. Le locandine – con il titolo di un (mio) pezzo – erano un orgoglio, ben esposte. Quasi emozionante. Ernesto era anche quello che spiegava il digital divide con l’immagine piuttosto efficace delle vendite forti di materiale “non in vendita visibile” nelle valli, dove internet ancora oggi non prende bene, figuriamoci vent’anni fa. Lui era professionale anche in questa analisi, sarcastico, scrutatore dagli spazi trasparenti tra le riviste, con gli orari dei treni in arrivo e in partenza a memoria, lo storico delle vendite stampato in testa, la mappatura del materiale ricevuto da Taramino ogni mattina fatto ancora a mano sul foglio lunghissimo.

Ernesto era il riferimento di tutti. Anche quando era chiuso, la domenica pomeriggio. Ma per me è stato pre e dopo-scuola, relazione tra le forze sociali, politiche, economiche della città e delle valli, punto fermo carico di notizie e di scambi, che mai dimenticherò.

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